REGGIO CALABRIA PESCA
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Messaggio  petrus Lun Ago 29, 2011 4:58 pm

Lo Stretto di Messina (localmente detto u Strittu - lo Stretto, sia dai cittadini Messinesi, sia dai Reggini) chiamato nell'antichità Stretto di Scilla e Cariddi, Stretto di Scilla e Fretum Siculum, in epoca tardo-medievale e moderna Faro di Messina, è un braccio di mare che collega il Mar Tirreno con il Mar Ionio e che, separando (sia pur marginalmente) le due città di Messina e Reggio con le rispettive aree urbane, separa la Sicilia dalla Calabria, dunque dall'Italia peninsulare e dal continente. Nel tratto più stretto (a nord) è largo circa 3,2 km, ed è compreso tra le coordinate 38°00' - 38°20' Nord e 15°30' - 15°40' Est

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Morfologia e batimetria

Lo Stretto di Messina, per gli aspetti morfologici, può essere rappresentato come un imbuto con la parte meno ampia verso nord, in corrispondenza della congiungente ideale Capo Peloro (Sicilia) - Torre Cavallo (Calabria); verso sud, invece, questo imbuto si apre gradualmente fino al traverso di Capo dell'Armi (Calabria). Il limite settentrionale è nettamente identificabile, mentre quello meridionale può avere un significato geografico (ad esempio la carta nautica n° 138 dell’Istituto Idrografico della Marina (I.I.M.) si ferma poco prima di Punta Pellaro in Calabria), o idrologico; quest’ultimo può essere considerato la linea ideale che congiunge Capo Taormina (Sicilia) con Capo d'Armi (Calabria). Come area idrologica, anche il confine settentrionale è ben più ampio di quello geografico e comprende l'area del Mar Tirreno compresa tra Capo Milazzo, l'arco delle Isole Eolie e le coste del Golfo di Gioia in Calabria
Per quanto si riferisce al profilo sottomarino dello Stretto, esso può essere paragonato ad un monte, il cui culmine è la "sella" (lungo la congiungente Ganzirri-Punta Pezzo), i cui opposti versanti hanno pendenze decisamente differenti. Nel Mar Tirreno, infatti, il fondo marino degrada lentamente fino a raggiungere i 1.000 m nell’area di Milazzo e, per trovare la batimetrica dei 2.000 m, si deve oltrepassare l’Isola di Stromboli. Nella parte meridionale (Mare Ionio), invece, il pendio è molto ripido ed a pochi chilometri dalla "sella" è possibile registrare la profondità di 500 m tra le città di Messina e Reggio, oltrepassare ampiamente i 1.200 m poco più a Sud (Punta Pellaro), per raggiungere i 2.000 m al centro della congiungente ideale Capo Taormina - Capo d'Armi.
La minore ampiezza (3.150 metri nel punto più stretto) si riscontra lungo la congiungente Ganzirri-Punta Pezzo cui corrisponde a livello del fondo una "sella" sottomarina ove si riscontrano le minori profondità (80-120 m). In questo tratto i fondali marini presentano un solco mediano irregolare, con profondità massima di 115 m, che divide una zona occidentale (in prossimità di Ganzirri) caratterizzata da profonde incisioni, da quella orientale di Punta Pezzo, più profonda e pianeggiante.Caratteristica del settore settentrionale dello Stretto è l'ampia Valle di Scilla, con una parte più profonda e ripida (circa 200 m). La valle comincia poi ad appiattirsi e ad essere meno acclive verso il Mar Tirreno dove prende il nome di Bacino di Palmi. Le pareti laterali della valle, profonde e scoscese, si elevano bruscamente conferendo alla sezione trasversale una forma ad "U". Un'ampia ed irregolare depressione, meno incisa (Valle di Messina), avente anch’essa sezione ad "U", si riscontra nella parte meridionale. A profondità superiori ai 500 m, la Valle di Messina si stringe divenendo più profonda e dando origine ad un ripido canyon sottomarino (Canyon di Messina) che si protende fino alla piana batiale dello Ionio.

Qualche dettaglio

Lo Stretto di Messina è il punto di separazione tra due bacini (Ionio e Tirreno) contigui ma distinti fisiograficamente, aventi acque con caratteristiche fisico-chimiche ed oscillatorie diverse. Per tale ragione, correnti stazionarie e di marea, anche in funzione della particolare geomorfologia dell'intera area, determinano l'insorgenza di peculiari fenomeni idrodinamici.
Per rappresentare in modo molto semplice quanto avviene nello Stretto si pensi che quando il Mar Tirreno presenta bassa marea al confine settentrionale del canale, il contiguo Mar Ionio si trova in fase di alta marea ed il contrario avviene al successivo cambio di marea. Il dislivello che si viene a creare (fino a 27 cm) determina che periodicamente le acque dell’uno e dell’altro bacino si riversino in quello contiguo. Più in particolare, in fase di "corrente scendente" (Nord-Sud) le acque tirreniche più leggere (a minore densità) scorrono sulle ioniche più pesanti (a maggiore densità) fino a che l’intera parte centrale dello Stretto è riempita da queste acque fluenti verso Sud. All’opposto, con il predominio della "corrente montante" (Sud-Nord), acque ioniche più pesanti interesseranno il centro del bacino affondando sulle acque tirreniche più leggere che, in precedenza, occupavano lo stretto per versarsi quindi nel Tirreno una volta oltrepassata la sella Ganzirri – Punta Pezzo dove si riscontra la minore profondità (80-120 m) e la minore ampiezza (3.150 m) dello stretto di Messina.
La "pendenza" che si viene così a creare fra le contigue superfici marine è in media di 1,7 cm per chilometro di distanza, con un massimo in corrispondenza della linea ideale di congiunzione fra Ganzirri in Sicilia e Punta Pezzo in Calabria .L’incontro delle due masse d’acqua (ionica e tirrenica) determina l’insorgenza di una serie di fenomeni che sono ascrivibili all’instabilità dinamica che si viene a creare e che si disperde nelle ben note spettacolari manifestazioni di turbolenza; questi "disturbi" della corrente possono presentarsi con sviluppo in senso orizzontale (nel caso dei tagli e delle scale di mare) oppure verticale (nel caso di garofali, bastardi e macchie d’olio).
Queste ultime portano in superficie, tra le reti di pesca e anche a riva creature inaspettate, tipiche delle zone più profonde, dette specie batipelagica, come l'ascia d'argento, pesce che si raccoglie molto spesso di notte.Per il primo gruppo si tratta di fenomeni che producono vere e proprie onde (simili a quelle presenti negli estuari al cambio di marea) che si sviluppano quando, nel caso della montante, le acque più pesanti del Mar Ionio si precipitano contro le più leggere acque tirreniche in fase di recessione o quando, nel caso della scendente, le acque tirreniche scivolano rapidamente su quelle ioniche più pesanti, già presenti nello Stretto. Queste onde di discontinuità si svilupperanno in determinati punti (Ganzirri, Torre Faro e Punta Pezzo) estendendosi nella parte centrale, a volte ampliandosi ed intensificandosi per l’azione dei forti venti che spingono un tipo d’acqua su un altro. Per quanto concerne i fenomeni a sviluppo verticale si tratta di veri e propri gorghi formati dall'incontro di correnti opposte e favoriti dall'irregolarità del fondo. I principali gorghi comunque si formano in punti specifici. Con corrente montante si tratta dei mitologici Scilla e Cariddi: il primo si forma sulla costa calabra, e l'altro a sud di Capo Peloro . Un grosso garofalo formato invece dalla corrente scendente si forma periodicamente davanti Punta S. Raineri, all’imboccatura del porto di Messina.
Le correnti stazionarie a livello della sella sottomarina fluiscono verso sud dalla superficie a 30 m ed in senso inverso da questa profondità fino al fondo, con velocità che possono raggiungere, in particolari situazioni meteo-marine, anche i 50 cm/s. La co-oscillazione delle masse d’acqua dello stretto con le maree dei mari adiacenti origina le correnti di marea che, con fase pressoché opposta e con uguale ampiezza, si sommano a quelle stazionarie prima descritte. Le velocità relative raggiungono, lungo la sezione corrispondente alla sella Ganzirri-Punta Pezzo, valori massimi di oltre 200 cm/s sia nel flusso verso nord (corrente montante), sia in quello verso sud (corrente scendente), interessando all’incirca con la stessa intensità la massa d’acqua nella sua interezza. Secondo le ultime pubblicazioni di Mosetti (1988 e 1995), la velocità di spostamento delle acque, in particolari momenti e grazie alla coincidenza di numerose componenti, può arrivare fino ad un massimo di 20 km/h.

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Caratteristiche del Mar Ionio e del Mar Tirreno
In aree marine lontane dallo Stretto di Messina, il Mar Tirreno è mediamente più freddo e meno salato del Mare Ionio, mentre, lungo tutta la costa siciliana compresa tra Capo Taormina e Messina, i fenomeni di upwelling, portando in superficie acque di profondità, determinano che le acque ioniche presenti negli strati superficiali dello Stretto siano sensibilmente più fredde di quelle riscontrabili alla medesima quota in altre zone del Mar Ionio. Per le acque di superficie estive le temperature nello Stretto sono mediamente più basse di 4 - 10 °C. Delle masse d’acqua del Mar Mediterraneo (superficiali, levantine intermedie, profonde), e quindi del Mar Ionio e del Mar Tirreno, soltanto quelle superficiali e levantine intermedie sembrano entrare in gioco nello Stretto di Messina, come confermato dalle misure di salinità nell’arco di 24 ore effettuate davanti a Ganzirri.
Dall’esame di questi dati si può osservare che acque sottostanti la Levantine Intermediate Water (LIW) non raggiungono lo Stretto, infatti l’isoalina di 38,7 e sporadici valori di 38,8 indicano nella LIW il confine inferiore delle acque che possono rimontare dal Mar Ionio. È possibile affermare, inoltre, che dal Mar Tirreno provengono esclusivamente acque superficiali.
Secondo Defant (1940), solo metà dell’acqua ionica risalita nello Stretto passerebbe nel Mar Tirreno ove, in accordo ai dati di Vercelli e Picotti (1926), sarebbe condizionata nel suo movimento (orizzontale verso NW e verticale verso il fondo) sia dalla maggiore densità, rispetto a quella delle acque tirreniche, sia dalle stesse acque che da tale bacino fluiscono a sud parallelamente alla costa calabrese sia, infine, da un vortice stabile a rotazione ciclonica centrato a nord dell’ingresso settentrionale dello Stretto.


Il transito nello Stretto di Messina delle diverse masse d’acqua, in funzione del regime di corrente, determina quindi l’incontro di acque tra di loro non immediatamente miscibili. Poiché solo una parte delle acque che si presentano sulla sella riesce a passare nel bacino contiguo e di queste una parte cospicua, perdendo velocità, staziona ai confini dello Stretto per ritornarvi nuovamente con il successivo flusso, è possibile riscontrare con frequenza corpi d’acqua che, cambiando bacino, vanno ad occupare quote diverse da quelle originarie in funzione di un nuovo equilibrio dinamico negli strati d’acqua del bacino ricevente. Questo continuo spostamento e lento mescolamento di acque è un fattore ulteriore di vivificazione dell’area dello Stretto di Messina. Infatti, i sali di azoto e fosforo trasportati negli strati superficiali dalle acque profonde ioniche non riescono ad essere utilizzati immediatamente dal fitoplancton nelle zone di grande turbolenza, mentre ciò può avvenire ai margini dello stretto, ove la velocità della corrente si riduce notevolmente.
Il modello semplificato risultante può essere così riassunto: arricchimento nell’area della "sella"; massimo di clorofilla e produzione di sostanza organica qualche chilometro a sud (Punta Pellaro), degradazione e mineralizzazione della sostanza organica (prima prodotta a nord) nella parte più meridionale dello Stretto (Capo dell’Armi).
Gli organismi presenti
Gli organismi bentonici
Le condizioni idrologiche dello stretto di Messina sono straordinarie, e del tutto peculiari e speciali sono i popolamenti che esso ospita. Infatti, l’intenso idrodinamismo e le caratteristiche chimiche delle acque dello Stretto sono in grado di condizionare gli organismi che in esso vivono e, anzi, riescono ad influenzare l’intero assetto biologico dell’ambiente determinando uno straordinario ecosistema, unico nel mar Mediterraneo per biocenosi ed abbondanza di specie; lo Stretto di Messina, quindi, costituisce un fondamentale serbatoio di biodiversità.
Le intense ed alterne correnti, la bassa temperatura e l’abbondanza di sali di azoto e fosforo trasportati in superficie dalle acque profonde determinano la disponibilità di una grande quantità di sostanza organica utilizzata sia dagli organismi pelagici sia, soprattutto, dai popolamenti bentonici costieri. Tutto ciò, insieme ai fenomeni associati, determina un vero e proprio riarrangiamento ecologico che nelle specie a prevalente distribuzione occidentale tende a simulare una condizione di tipo "atlantico". Infatti, numerose specie prettamente atlantiche, come ad esempio le laminarie (grandi alghe brune), pur se presenti in qualche altra zona del Mar Mediterraneo solo nello Stretto di Messina riescono a formare comunità ben strutturate formando delle vere foreste sottomarine a riprova delle ottimali condizioni ambientali.
È importante segnalare a questo proposito che sia le laminarie di bassa profondità (Sacchoryza polyschides), sia i popolamenti profondi a Laminaria ochroleuca, e le comunità vegetali associate, sono strettamente dipendenti dalle caratteristiche fisiche e biologiche del substrato. Come è noto, infatti, per completare il loro ciclo vitale, questi organismi richiedono un substrato solido già colonizzato da rodoficee calcaree, in assenza delle quali l’insediamento non può avere luogo.
Lo stretto di Messina, confine fra i due bacini occidentale ed orientale del Mar Mediterraneo, è un punto importante di osservazione dei flussi migratori delle specie che si trovano nei due bacini. In quest’area pervengono o transitano comunità planctoniche, anche di lontana origine sia orientale sia atlantica. Fra le specie bentoniche, di particolare rilevanza è la presenza di Pilumnus inermis, in precedenza considerato esclusivamente atlantico, che rappresenta una delle specie più rilevanti nell’associazione a Errina aspera (idrozoo), noto endemismo dello Stretto di Messina, su cui vive un Mollusco cipreide (Pedicularia sicula), riscontrabile a livello della sella fra 80 e 110 m, ove sono presenti numerose altre specie fra cui l’ofiura Ophiactis balli ed i crostacei Parthenope expansa e Portunus pelagicus (immigrato lessepsiano). Da segnalare ancora il dente di cane gigante (Pachylasma giganteum). Grande importanza biologica ed ecologica è anche da ascrivere alle già citate Laminariales dello Stretto (Sacchoryza polyschides e Laminaria ochroleuca). Infine, sembra doveroso evidenziare sia la presenza di Albunea carabus e di cospicui insediamenti di Pinna nobilis sia, per quanto si riferisce invece ai popolamenti vegetali, la presenza di Rodoficee calcaree e di vaste praterie di Posidonia oceanica , ampiamente distribuite per areale e per profondità. Degna di nota, sempre per gli organismi vegetali, è anche la presenza di Phyllariopsis brevipes, Phyllariopsis purpurascens, Desmarestia dresnayi, Desmarestia ligulata, Cryptopleura ramosa specie che sono da ritenersi di estrema importanza perché presenti solo in quest’area o in poche altre aree molto ristrette del Mar Mediterraneo.
Dal punto di vista faunistico lo Stretto di Messina è considerato da sempre il paradiso degli zoologi, per l’enorme biodiversità che lo caratterizza. Le specie di invertebrati bentonici sono quelle che destano maggiore interesse. Il fondale è arricchito da una grande varietà di forme e colori dovute all’abbondanza di celenterati (attinie, madrepore e coralli).
Un chiaro esempio sono le "foreste" di gorgonie gialle e rosse (Paramuricea clavata) dei fondali di Scilla .Queste, aderendo al substrato, creano un vero e proprio bosco, ambiente ideale ad ospitare numerose altre specie bentoniche.
Le specie ittiche sono ben rappresentate da cernie, saraghi, dentici, castagnole, leccie, ricciole ed in periodo invernale dagli splendidi Zeus faber conosciuti anche come pesce San Pietro .

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(foto scattate da me )



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Messaggio  Shinmen Lun Ago 29, 2011 10:26 pm

ottima descrizone grazie!! bounce
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